Sarà una giuria di 200 lettori a decretare nella serata di lunedì 14 luglio, al Marina di Pescara (dalle ore 18,30) nell’ambito di Estatica, il vincitore del Premio di narrativa della 41^ edizione dei Premi Internazionali Flaiano di Letteratura, Teatro, Cinema e Televisione. Seguirà alle ore 21,00 lo spettacolo teatrale con la regia di Paolo Rosato e Rossella Mattioli “La macchina infernale” tratto da Jean Cocteau. Ingresso libero.
(segue il comunicato della Segreteria del Premio Flaiano)

Tre sono i romanzi finalisti indicati dalla Giuria tecnica, presieduta da Dacia Maraini e, con il Presidente dei Premi Edoardo Tiboni, composta da Giuseppe Conte, Antonio Gnoli, Dante Marianacci, Renato Minore, Walter Pedullà, Giuseppe Rosato: La vita in tempo di pace di Francesco Pecoraro (Ponte alle Grazie), Almanacco del giorno prima di Chiara Valerio (Einaudi) e Terre selvagge di Sebastiano Vassalli (Rizzoli). Sono tre romanzi che esprimono modi diversi di fare narrativa oggi in italia ed allo stesso tempo rappresentano le punte delle nuove tendenze che non disdegnano l’attualità (letteraria, culturale, filosofica, scientifica), pur nel solco di una grande tradizione, che cerca anche nella storia passata il monito e il modello per il futuro, anche dell’Europa con la consapevolezza che “siamo nani sulle spalle dei giganti”.
Dopo le operazioni di voto che inizieranno alle ore 18,30, una breve presentazione degli autori e dei romanzi finalisti, anche con la lettura di brani significativi a cura degli allievi del Laboratorio Teatrale del Mediamuseum: Rosamaria Renzetti, Giuliana Ridolfi, Francesco Marchesani. Si procederà allo spoglio delle schede alla presenza del Notaio Dott.ssa Erminia Amicarelli. Il vincitore riceverà il Premio Flaiano domenica 20 luglio alle ore 20,30 in Piazza della Rinascita.

Seguirà alle ore 21,00 lo spettacolo teatrale con la regia di Paolo Rosato e Rossella Mattioli “La macchina infernale” tratto da Jean Cocteau. In scena gli allievi del Laboratorio Teatrale del Mediamuseum: ne La macchina infernale Cocteau torna sulla vicenda di Edipo ma allontanandosi stavolta notevolmente dal modello classico. Nella presente messa in scena, i quattro atti di Cocteau sono stati ridotti e adattati in funzione del numero e delle caratteristiche dei giovani attori del laboratorio teatrale del Mediamuseum. Alcune modifiche hanno riguardato i personaggi, come nel caso della sfinge che viene qui rappresentata da tre esseri femminili, o dei soldati che da due diventano tre, o di Aspasia – la figlia della matrona – che qui parla. Sono stati inoltre aggiunti un preludio e due interludi per equilibrare spazio e tempo concessi a tutti gli attori. Ma per i fenomeni nati da esigenze contingenti si è sempre cercato e, si spera, trovato una motivazione nel testo originario di Cocteau, mirando a rispettarne lo spirito di volta in volta surreale, grottesco, comico, o quant’altro. È Cocteau che fa dire a Tiresia che lui e Creonte hanno “permesso le musiche affinché il popolo non si perda d’animo, per tenergli su il morale. Ci sarebbero dei misfatti… e anche peggio, se non si ballasse nel quartiere popolare”. Da qui l’idea del Preludio, in cui Creonte appare intento ad inventare canzonette da sfruttare per il dominio sul popolo, ragionando sulla teoria di Aristosseno di Taranto, musicoterapeuta ante litteram. Si comprende così la gelosia per il pianoforte, che nelle mani di Creonte diviene fondamentale strumento di controllo politico e di potere. Cocteau si diverte a far fare anticipazioni a Giocasta: sulla sciarpa, con cui lei stessa si impiccherà, e sulla spilla, con cui Edipo si accecherà. Da qui alcune delle ragioni dell’Interludio II, in cui la piccola Antigone si scontra con lo zio Creonte, anticipando quanto accadrà nel tempo a seguire, quando i suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, anch’essi nati dall’incesto tra Edipo e Giocasta, si uccideranno a vicenda, come raccontato ancora da Sofocle in un’altra tragedia (Antigone). Anche la musica scelta per lo spettacolo – tutta degli anni ’60 – vuole aderire allo spirito provocatorio, anticonformista, estraniante, proprio del surrealismo alla cui genesi e sviluppo Cocteau diede non pochi contributi. La scenografia, concentrata su un ponte per costruzioni edili (che rappresenta ora le mura della città, ora i monti intorno a Tebe, ora la stanza nuziale, ora la reggia) mira alla essenzialità, alludendo a modo suo a qualcosa di meccanico. In ultima analisi, si è cercato di ‘attualizzare’ il testo di Cocteau nel senso stretto del termine di ‘mettere in atto’, e non di ‘modernizzare’ come più spesso si usa fare. Ed anche per questo motivo si è cercato di evitare, nei limiti del possibile, l’uso di simboli ricorrenti ed obsoleti: così i soldati, comunque al servizio del potere anche secondo Cocteau, piuttosto che vestiti alla nazifascista o con manierati costumi da antichi Greci, indossano divise vicine a quelle dell’esercito italiano, non escludendo la possibilità che anche questa scelta possa assumere un aspetto parodistico.
Gli allievi che andranno in scena, in ordine di apparizione, sono: Lorenzo Mazzocchetti, Pietro Cerritelli, Davide Cherstich, Marco D’Amelio, Davide D’Alonzo, Angelica Di Pierdomenico, Pietro Di Marco, Aurelio D’Amelio, Francesca Di Matteo, Valeria Scarpetta, Mila Di Giulio, Francesca Marino, Rosamaria Renzetti, Francesca Scampoli, Alessandro De Luca, Giorgia Pez.